Le Mille e Una Notte Storia del Barbiere e Storia del Primo Fratello Gobbo.
I Grandi Classici Cultura Didattica Educazione Le Mille e Una Notte nell'enciclopedia Altre storie delle Mille e Una Notte Le mille e una notte - Introduzione 1400 ca. Le mille e una notte. Scritti originariamente in arabo, i racconti delle Mille e una notte furono raccolti in un arco di tempo di ben seicento anni. Capolavoro della letteratura araba, l'opera è entrata a far parte del patrimonio letterario mondiale. Storia del Re Greco e del medico Duban Storia del Marito e del Pappagallo Storia del Giovine Re delle Isole Nere LE MILLE E UNA NOTTE - STORIA DEL BARBIERE E STORIA DEL PRIMO FRATELLO GOBBOSTORIA DEL BARBIERESotto il regno del califfo al-Mùstansir Billah - cominciò a dire - principe famoso per la sua immensa liberalità verso i poveri, dieci ladri infestavano le strade dei dintorni di Bagdàd, e da gran tempo compivano furti e crudeltà inaudite.Il califfo, avvertito di tale situazione, fece venire qualche giorno prima della solennità del Bairam, il luogotenente criminale e gli ordinò, pena la morte, di condurgli tutti e dieci i ladri. Il luogotenente criminale prese le sue misure e mandò tanti uomini per la campagna, che i dieci ladri furono arrestati il giorno stesso del Bairam. Passeggiavo sulla sponda del Tigri, quando vidi dieci uomini riccamente vestiti, che si imbarcavano su un battello. Senza badare alle guardie che li accompagnavano, e credendo fossero persone che andassero a divertirsi e a solennizzare la festa con banchetti, salii sul battello con loro, sperando che si sarebbero compiaciuti di tollerarmi nella loro compagnia. Varcammo il Tigri, e giungemmo davanti al palazzo del califfo. Ebbi appena il tempo di rientrare in me stesso ed accorgermi del mio errore. Scendendo dal battello fummo circondati da una schiera di guardie del luogotenente criminale; ci legarono guidandoci alla presenza del califfo. Mi lasciai legare con gli altri senza dir nulla: a che sarebbe servito parlare e far resistenza? Sarebbe stato il mezzo per farmi maltrattare dalle guardie, che non mi avrebbero creduto, essendo persone rozze. Ero coi ladri e tanto bastava per far loro credere che lo ero anch'io. Giunti alla presenza del califfo, questi ordinò il castigo di quei dieci scellerati. «Che si recida il capo», disse, «a questi dieci ladri.» Il carnefice ci dispose in fila, e per buona fortuna mi trovai ultimo. Egli recise il capo ai dieci ladri, cominciando dal primo e quando arrivò la mia volta si fermò. Il califfo, vedendo che il carnefice non mi uccideva, si sdegnò. «Non ti ho comandato di recidere il capo ai dieci ladri? Perché lo recidi a nove soltanto?» «Gran principe dei credenti», rispose il carnefice, «io ho eseguito l'ordine della maestà vostra: là per terra ci sono dieci corpi: potete farli contare. Quando il califfo si fu assicurato della cosa, mi guardò con stupore, e vedendo che non avevo l'aspetto di un ladro: «Buon vecchio», mi disse, «per qual caso vi trovate insieme con questi miserabili?». Io gli risposi: «Gran principe dei credenti, ve ne spiegherò il motivo. Questa mattina ho visto salire su un battello queste dieci persone, il cui castigo fa risplendere la giustizia della maestà vostra: mi sono imbarcato con loro, persuaso che fossero persone che andassero insieme a divertirsi per festeggiare questo giorno, il più celebre della nostra religione». Il califfo non poté fare a meno di ridere del mio errore, e, all'opposto del giovane zoppo, che mi tratta da chiacchierone, ammirò la mia discrezione nel mantenere il silenzio. «Principe dei credenti», gli dissi, «non si stupisca la maestà vostra se ho taciuto in un'occasione che avrebbe spinto chiunque altro a parlare. Amo il silenzio e per tale virtù ho acquistato il glorioso titolo di Taciturno. Con questo nome vengo chiamato per distinguermi dai miei fratelli: questo è il frutto della mia filosofia, e tale virtù rappresenta tutta la mia gloria e la mia felicità.» «Sono molto lieto», mi disse il califfo sorridendo, «che vi sia stato attribuito un titolo di cui fate un così buon uso. Ma ditemi come erano invece i vostri fratelli? Vi assomigliavano?» «In nessun modo!», gli risposi. «Erano uno più chiacchierone dell'altro, ed anche nell'aspetto vi era una differenza ben grande fra loro e me. Il primo era gobbo, il secondo sdentato, il terzo cieco, il quarto guercio, il quinto aveva le orecchie tagliate, ed il sesto le labbra mozzate. Le avventure che capitarono loro, vi potrebbero dare un'idea del loro carattere, se potessi narrarle ora.» Mi sembrò a quel punto che il califfo desiderasse ascoltare il mio racconto, per cui proseguii, senza aspettare che me lo chiedesse. STORIA DEL PRIMO FRATELLO GOBBOSire - gli dissi - il mio fratello maggiore, chiamato al Baqbùq era gobbo, ed era sarto di professione. Prese in affitto una bottega di fronte a un mulino, ma poiché conosceva poco il suo lavoro, campava la vita con grandi stenti.Il mugnaio di fronte, al contrario, viveva comodamente, e aveva una moglie bella, anzi bellissima. Un giorno mio fratello, mentre lavorava nella sua bottega, alzò il capo e vide alla finestra del mulino la mugnaia, che guardava nella strada. La trovò tanto bella che se ne innamorò. In quanto alla mugnaia, non si accorse neppure di lui e poco dopo chiuse la finestra. Per tutto il giorno non comparve più. Intanto il povero sarto non faceva che alzare il capo e gli occhi verso il mulino, così che lavorando si punse le dita più di una volta ed il suo lavoro di quel giorno non fu proprio molto ben fatto. Alla sera, quando bisognò chiudere bottega, ebbe gran pena a decidersi; perché sperava di rivedere la bella mugnaia. Ma finalmente fu obbligato a chiuderla, e a ritirarsi nella sua piccola casa, dove passò una notte molto agitata. Si alzò di buon mattino impaziente di rivedere la sua innamorata e volò alla sua bottega. Ma non ebbe maggior fortuna del giorno precedente; la mugnaia non comparve se non un momento solo in tutto il giorno. Ma quel momento lo rese il più innamorato di tutti gli uomini. Il terzo giorno ebbe finalmente qualche soddisfazione; la mugnaia, avendo volto lo sguardo su di lui a caso, lo sorprese a guardarla e intuì quanto passava nel cuore di lui. La mugnaia, appena ebbe scoperto i sentimenti di mio fratello, invece di sdegnarsene, decise di divertirsi. Lo guardò sorridendo e mio fratello ricambiò il sorriso, ma in modo così soddisfatto, che la mugnaia chiuse in gran fretta la finestra per timore di scoppiare in una risata che avrebbe rivelato che trovava mio fratello molto ridicolo. L'innocente al-Baqbùq interpretò la cosa a suo vantaggio. La mugnaia decise dunque di divertirsi alle spalle di mio fratello. Essa aveva una pezza di stoffa, molto bella, con cui già da tempo voleva farsi un abito; la avvolse in un bel fazzoletto di seta ricamato e gliela mandò per mezzo di una giovane schiava. La schiava, perfettamente istruita, venne dunque alla bottega del sarto. «La mia padrona vi saluta», gli disse, «e vi prega di farle un abito con questo drappo secondo questo modello che vi manda. Essa muta spesso d'abito, ed è una cliente di cui sarete contentissimo.» Mio fratello non dubitò più che la mugnaia fosse innamorata di lui e pensò che gli avesse mandato quel lavoro per fargli sapere che, dopo ciò che era accaduto tra loro, ella conosceva il suo sentimento e ne era contenta. Incaricò la schiava di dire alla sua padrona che avrebbe lasciato indietro ogni altro lavoro per servirla subito, e che l'abito sarebbe stato pronto per il giorno seguente. Infatti vi lavorò con tanta diligenza che lo finì in quello stesso giorno. La mattina seguente la giovane schiava venne a vedere se l'abito era terminato. Baqbùq glielo consegnò ben piegato, dicendo: «Ho troppo interesse a soddisfare la vostra padrona, per trascurare il suo abito; voglio con la mia rapidità impegnarla a non servirsi per l'avvenire se non da me». La giovane schiava fece qualche passo per andarsene; poi, voltandosi, disse pian piano a mio fratello: «A proposito, mi scordavo di eseguire una commissione. La mia padrona mi ha incaricata di farvi i suoi complimenti, e di domandarvi come avete passato la notte; in quanto a lei, ah, poveretta!, vi ama tanto che non ha dormito». «Ditele», rispose con trasporto quel minchione di mio fratello «che nutro per lei una passione tanto violenta, che da quattro notti non chiudo occhio.» Dopo questo messaggio lusinghiero da parte della mugnaia mio fratello pensava che lei non lo avrebbe lasciato aspettare per molto tempo. Non era passato un quarto d'ora da quando la schiava aveva lasciato mio fratello, che ritornò con una pezza di raso. «La mia padrona», gli disse, «è molto contenta dell'abito, e vi prega di farle un paio di calzoni il più presto possibile con questa pezza di raso.» «Tanto basta!», rispose al-Baqbùq. «Potrete venire a prenderli verso sera.» La mugnaia comparve spesso alla finestra, e fu prodiga di sorrisi per incoraggiare mio fratello. Egli lavorò con diligenza e i calzoni furono ben presto terminati. La schiava venne a prenderli, ma né portò il denaro anticipato da lui per gli ornamenti dell'abito e dei calzoni, né pagò il suo lavoro. Lo sfortunato amante, non aveva mangiato nulla in tutto quel giorno, sicché fu obbligato a prendere a prestito del denaro per comprarsi la cena. Il giorno seguente la giovane schiava venne a dirgli che il mugnaio desiderava parlargli: «La mia padrona», soggiunse, «gli ha detto tanto bene di voi, mostrandogli il vostro lavoro, da invogliarlo a farvi lavorare anche per lui. Questo può essere molto utile per riuscire in quanto desiderate egualmente entrambi». Mio fratello si lasciò persuadere e andò al mulino con la schiava. Il mugnaio lo accolse molto cortesemente e, presentandogli una pezza di tela: «Ho bisogno di camicie», gli disse. «Questa è la tela; vorrei che me ne faceste una ventina. Se ne avanza, me la restituirete». Mio fratello - continuò il barbiere - fu obbligato a lavorare per cinque o sei giorni per cucire le venti camicie del mugnaio, il quale poi gli diede un'altra pezza di tela per farne altrettante paia di mutande. Quando l'ebbe fatte, al-Baqbùq le portò al mugnaio, che gli chiese quanto gli doveva: e mio fratello gli disse che si sarebbe accontentato di venti dirham. Il mugnaio chiamò subito la giovane schiava, e le disse di portare il bilancino per vedere se la moneta fosse giusta. La schiava guardò mio fratello con sdegno, per fargli capire che avrebbe rovinato tutto se avesse accettato il denaro. Egli comprese subito, e rifiutò la sua mercede, benché ne avesse grandissimo bisogno. Nell'uscire dalla casa del mugnaio venne a pregarmi di prestargli di che vivere, dicendomi che non era stato pagato del suo lavoro. Gli diedi poche monete di rame, e ciò lo fece tirare avanti per qualche giorno magramente, non mangiando se non un po' di minestra. Un giorno entrò in casa del mugnaio e questi credendo che venisse a chiedergli del denaro, gliene offrì: ma la giovane schiava che era presente, fece di nuovo un cenno, impedendogli di accettarne, per cui egli disse che veniva solo per informarsi della sua salute. Il mugnaio lo ringraziò e gli diede da fare una veste. Baqbùq gliela portò il giorno seguente, e il mugnaio pigliò in mano la sua borsa. La giovane schiava guardò mio fratello. «Caro vicino», disse allora mio fratello al mugnaio, «non c'è fretta: faremo i conti un'altra volta.» Sicché questo povero sciocco se ne tornò alla sua bottega ammalato tre volte: e cioè, innamorato, affamato e senza denaro. La mugnaia era avara e cattiva: non si accontentò di aver tolto a mio fratello quanto gli era dovuto, ma stimolò pure suo marito a punirlo dell'amore che egli aveva per lei: ed ecco che cosa fecero. Il mugnaio invitò al-Baqbùq una sera a cena, e, dopo avergli offerto un pessimo banchetto, gli disse: «Fratello, è ormai troppo tardi per tornare a casa vostra; restate a dormire qui». Dopo aver detto questo, lo condusse in un luogo del mulino dove c'era un letto. Poi lo lasciò, e si ritirò con sua moglie nella camera dove erano soliti dormire. A metà della notte il mugnaio venne a cercare mio fratello. «Vicino», gli disse, «dormite? La mia mula è malata, ed ho molto frumento da macinare; mi fareste un grosso piacere girando la macina in sua vece.» Baqbùq, per dimostrargli la sua buona volontà, gli rispose che era pronto a fargli il favore. Bastava che gli facesse vedere che cosa dovesse fare. Guadagnare navigando! Acquisti prodotti e servizi. Guadagnare acquistando online. Il mugnaio allora lo legò in mezzo al corpo come si farebbe ad una mula e dandogli poi un gran colpo con lo staffile sulla schiena, gli disse: «Camminate, vicino!». «E perché mi battete?», gli rispose mio fratello. «Per incoraggiarvi», aggiunse il mugnaio, «perché senza questo la mia mula non cammina.» Baqbùq restò meravigliato di un simile trattamento, ma non ebbe il coraggio di lamentarsene. Dopo aver fatto cinque o sei giri, volle riposare: ma il mugnaio gli diede una dozzina di colpi bene assestati con lo staffile, dicendogli: «Coraggio, vicino, non vi fermate, vi prego; dovete camminare senza prender fiato, altrimenti rovinereste la mia farina». Il mugnaio obbligò mio fratello a girare in tal modo la macina per tutta la notte. Sul fare del giorno lo lasciò senza slegarlo, e si ritirò in camera di sua moglie. Baqbùq stette per qualche tempo in questo stato, e alla fine la giovane schiava venne a liberarlo. «Ah! quanto vi abbiamo compianto, la mia buona padrona e io», esclamò la perfida. «Non abbiamo parte alcuna nel pessimo trattamento che vi ha fatto subire suo marito.» L'infelice al-Baqbùq non le rispose, tanto era stanco e indolenzito per i colpi ricevuti; ritornò a casa col fermo proposito di non pensare più alla mugnaia. Il racconto di questa storia - proseguì il barbiere - fece ridere il califfo. «Andate», mi disse, «tornate a casa vostra; ordinerò che vi sia dato qualche cosa per consolarvi di non aver avuto il trattamento che vi aspettavate.» «Gran principe dei credenti», ripresi, «supplico la maestà vostra di voler consentire a che io non riceva niente, finché non avrò narrato la storia degli altri fratelli.» Il califfo avendomi fatto capire, col suo silenzio, che era disposto ad ascoltarmi, continuai così. Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
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